Il traduttore e il pilota d’aereo

Non si tratta di una barzelletta. Queste due figure hanno alcune similitudini. Ma come si diventa pilota d’aereo? Per ottenere il full ATPL, ovvero la licenza che abilita al volo come pilota di linea, una volta finito l’addestramento pratico, il candidato deve superare l’esame di volo che prevede ben 1500 ore di volo. Ma, ahimè, il percorso non finisce qui, vi sono altre tappe fino al tanto sognato traguardo. Poi, nel corso della vita di un pilota, la sua esperienza verrà misurata in base alle ore di volo all’attivo, quindi 10, 20 o anche più di 30.000 ore.

Perché tale esempio ci interessa? Anche i traduttori e gli interpreti vengono valutati in base alla loro esperienza. L’esperienza di questi ultimi, oltre che in base all’ovvio parametro temporale, può essere valutata in base alle giornate che hanno all’attivo. Infatti, molte associazioni di categoria a livello internazionale hanno dei requisiti stringenti per cui l’interprete deve poter attestare un numero minimo di giornate di interpretariato per poter iscriversi come socio aggregato od ordinario.

E per i traduttori? Come in ogni mestiere, il parametro temporale ha senza dubbi un certo peso. Però, un altro importante criterio è rappresentato dal numero di parole tradotte. Oltre alle migliaia di parole tradotte lungo il suo percorso accademico, il traduttore accumula negli anni un bagaglio dal valore inestimabile, costituito proprio dalla mole di lavoro che svolge. Ogni anno di attività gli permette di imparare tantissimo, nuova terminologia, sintassi adeguate, linguaggi settoriali. Impara e cresce ad ogni nuovo progetto. Ma non è tutto.

Dato che la scrittura è un’arte acquisita e affinata mediante la costante pratica, il traduttore sviluppa delle competenze specifiche tramite l’esercizio quotidiano. A seconda dei casi, però, non si tratta di una scrittura comune, bensì specializzata, la quale è normalizzata e sottomessa a rigidi codici e regole. Quindi un traguardo come quello rappresentato da 500 mila parole tradotte al suo attivo è da considerarsi una tappa importante nel suo percorso. Ma una tale mole si raggiunge facilmente in un anno normale di attività professionale, una volta che il traduttore ha un giro di clienti ragionevole.

Una vera pietra miliare la si raggiunge dopo molti anni d’esercizio professionale. Ho al mio attivo più di 5 milioni di parole. E ne sono molto felice. Ovviamente, non si finisce mai di imparare e bisogna continuare a mettersi in gioco e a rinnovarsi.

Cosa ho imparato: la continua formazione è essenziale per diventare un buon traduttore. Inoltre, un buon traduttore non affronta mai un testo in modo superficiale, come fosse facile. Non esiste tradurre un testo “ad occhi chiusi”, forte della propria specializzazione, facendo affidamento esclusivamente sulla propria esperienza, oppure per il fatto di trovarsi davanti a un testo pressoché identico ad altri già tradotti in precedenza. Mi piace definire la traduzione come “l’arte di crearsi dei problemi e la successiva attuazione di strategie volte a risolverli”. Quindi bisogna porsi delle domande ed essere in grado d'intravedere le difficoltà che saranno per forza presenti in ogni singolo testo da tradurre.

Ho imparato anche un’altra lezione nel corso di queste migliaia di ore di volo, ovvero, le più di 5 milioni di parole tradotte. Ricordo come fosse oggi, a inizio carriera, una frase detta da un traduttore esperto, “il cliente paga per non essere il primo”. L’ho trovata, ai tempi, un po’ crudele. Mi sembrava un po' il paradosso mai risolto dell’esperienza richiesta ai giovani dal mercato di lavoro. Eppure, tale affermazione è un po’ vera. Io direi piuttosto che “il cliente paga (di più) per non essere il primo”, ovvero, il cliente intelligente è pronto a pagare una tariffa più alta a un traduttore, o in generale a un professionista con maggiore esperienza, perché riconosce il valore importante di un percorso consolidato, il quale per alcuni progetti è imprescindibile.

Comunque, in medio stat virtus, anche in ambito dell’esperienza lavorativa. Nonostante quello sopraindicato sia un traguardo importantissimo per me, non bisogna mai “sentirsi arrivati”. Ad maiora semper.