Formazione del traduttore giuridico oltre a quella accademica

Come nasce il traduttore giuridico? Una domanda suscettibile di aprire un acceso e sconfinato dibattito. Comunque, i percorsi riscontrati sul terreno, tra i traduttori giuridici in carne e ossa, sono davvero svariati. Alcuni hanno seguito un master in traduzione giuridica, percorso piuttosto ortodosso, come quello offerto dall’Università di Genova. Altri hanno frequentato corsi mirati, più o meno brevi sulla traduzione legale, o si sono specializzati con il tempo, dopo essere usciti da un diverso percorso accademico all’interno dell’universo della traduzione. Ancora altri traduttori hanno ricevuto un’ottima formazione in stage e percorsi all’interno di organi come le ambasciate o presso uno studio legale o notarile.

Vorrei soffermarmi su questi ultimi che poi è un po’ la mia esperienza personale. Cosa significa concretamente per un linguista lavorare come traduttore interno in uno studio legale? Oserei dire che si tratta di una formazione di altissimo livello. Il traduttore vive in prima persona l’esperienza nel cosmo legale, interfacciandosi con i principali attori del settore quotidianamente. Ogni traduttore sa benissimo che le revisioni e i feedback dei revisori, clienti e operatori di un certo ambito, purché dovutamente esperti, rappresentano una miniera dall’inestimabile valore. E proprio questo è il pane quotidiano del traduttore giuridico interno. Ogni giorno quello che traduce viene riletto, revisionato e corretto sia dall’avvocato come da altri esperti in studio. Mi ricordo le infinite discussioni sui falsi amici tra l’ordinamento giuridico brasiliano e quello italiano quando io stesso ho seguito un percorso come traduttore interno. Ci si confronta su ogni singola scelta terminologica e non solo. Aspetti come l’impaginazione richiesta dai tribunali e dalle cancellerie, formato del testo e molte altre esigenze formali sono quotidianamente affrontate e riviste. In soldoni tutto ciò diventa il pane quotidiano del traduttore stagista.

I traduttori imparano a tradurre traducendo. Sembra un po’ banale da dire, ma è così. Ovviamente in un corso di traduzione l’aspirante traduttore acquisirà strumenti e competenze per risolvere i problemi traduttivi. E su questo non ci piove, come ho potuto costatare nel mio percorso accademico. Il traduttore imparerà diverse strategie, che andrà ad operare di volta in volta, per affrontare gli immancabili tranelli e le non corrispondenze tra gli ordinamenti e le culture. Il vantaggio però della formazione sul terreno rappresentata da uno stage o collaborazione in uno studio legale è proprio quello reso possibile dal confronto diretto e costante con i principali attori della giurisprudenza. Quelle che ai tempi erano noiosissime chiamate per spiegare all’avvocato della controparte, in realtà sono state vere e proprie palestre che mettevano duramente alla prova le mie conoscenze del “legalese” in entrambe le lingue, ma dove potevo allenarmi e confrontarmi. Oppure la necessità di spiegare in modo semplice al cliente un’ordinanza o un atto di citazione, trovando termini accessibili e chiari senza però travisare l’informazione.

È stato detto che i giuristi, avvocati e giudici sono i massimi esperti di una lingua, affermazione che puntualmente crea dissensi. A mio avviso, però, tale asserzione ha del vero. Gli avvocati, ad esempio, passano moltissime ore su un atto, per trasmettere in modo preciso, ricco e trasversale diversi aspetti, a rendere elementi del diritto, trovando soluzioni talvolta geniali per narrare certi concetti astratti o esporre situazioni che hanno talvolta dell’incredibile. Sono state sollevate critiche contro un linguaggio spesso ostico e incompressibile. Ma non dobbiamo dimenticare che ogni nicchia e ogni settore vanta i suoi gerghi, vernacoli e stili.

Pertanto, per l'aspirante traduttore legale alle primi armi un periodo stage presso uno studio legale può rilevarsi una formazione determinante e formidabile per il suo percorso professionale.